Prevenire covid-19:
la vitamina D

Ciao amici, oggi vi parlo delle proprietà di una piccola pastiglia. Non è un medicinale ma un integratore: è vitamina D. Ne ne voglio parlare perchè mi sono beccato anch’io il coronavirus ed alcuni studi hanno rilevato una correlazione tra vitamina D e covid-19.

Cos’è la vitamina D?

Ma andiamo con ordine, cos’è la vitamina D? La vitamina D è una vitamina che viene accumulata nel fegato e rilasciata dal corpo in piccole dosi nel momento in cui è necessaria. La vitamina D è prodotta dal nostro organismo, mediante l’assorbimento dei raggi del sole operato dalla pelle. Si ritiene che un’esposizione dai 5 ai 30 minuti al giorno, in almeno un paio di occasioni settimanali e nelle ore più calde, sia sufficiente. Non è necessario esporre l’intero corpo, basta scoprire le braccia, il viso, le gambe o la schiena.

A cosa serve la vitamina D?
A cosa serve la vitamina D?

La vitamina D è scarsamente presente negli alimenti, con l’unica eccezione dell’olio di fegato di merluzzo. Alcuni pesci grassi ne contengono quantità minime, mentre quantità piccole sono presenti anche nel latte e derivati, uova, fegato e verdure verdi. La carenza di vitamina D incide in modo negativo sulla calcificazione delle ossa. In questo caso, gli effetti possono andare dal rachitismo per i bambini alle deformazioni ossee di varia natura. La vitamina D agisce come un ormone che regola vari organi e sistemi ed ha numerose proprietà:

  • favorisce l’assorbimento e il deposito di calcio e di fosforo nelle ossa;
  • rinforza il sistema immunitario e protegge da malattie infettive e virali;
  • rinforza le ossa ed i denti, proteggendoli da carie e gengiviti;
  • contribuisce alla normale funzione muscolare;
  • migliora l’umore abbassando lo stress e riducendo il rischio di depressione.

E’ quindi importante esporci al sole, ma adesso siamo in inverno.  Per non rischiare che il nostro organismo abbia carenze di questa vitamina possiamo ricorrere agli integratori. Ma ne parlerò tra poco, vediamo prima cosa c’entra la vitamina D con il coronavirus. Assumendo la vitamina D possiamo metterci al riparo dal coronavirus.

Non l’ho scoperto io, sono diversi gli studi ufficiali che lo affermano. Vediamo uno dei più recenti. Lo troviamo nel sito internet del NCBI. Il Centro Nazionale per le Informazioni Biotecnologiche, è una parte della Biblioteca nazionale americana di medicina, che dipende a sua volta dall’Istituto per la salute americano. PubMed è un immenso database con citazioni di articoli scientifici, con riferimenti agli articoli stessi, molto spesso di libero accesso. Lo studio che ci interessa è condotto dai ricercatori del Queen Elizabeth Hospital Foundation Trust e dell’Università dell’East Anglia ed ha rilevato una correlazione tra carenza di vitamina D e mortalità per covid-19. Lo studio ha analizzato i livelli medi di vitamina D in 20 paesi europei ed ha rilevato che il valore è molto basso nella popolazione anziana di Spagna, Italia e Svizzera.

Confrontando questi casi con il tasso di mortalità dei diversi Paesi, si è visto che, proprio dove i livelli di vitamina D sono “gravemente bassi”, ossia nelle fasce di popolazione più anziana (in particolare appunto in Spagna, Italia e Svizzera), si registrano i maggiori tassi di mortalità dovuti a Covid-19. Il fenomeno è ancora in fase di studio, d’altronde il covid-19 è una malattia nuova ed i ricercatori non hanno ancora avuto molto tempo per studiarla a fondo. Ma i primi risultati sono promettenti.

Vi suggerico la lettura anche di questo articolo, pubblicato il 13 ottobre sul sito ufficiale dell’Università Queen Mary di Londra. Nello studio si spiega che i ricercatori di questo ente hanno avviato una sperimentazione clinica per indagare se l’assunzione di vitamina D può proteggere le persone da COVID-19. CORONAVIT, così si chiama la sperimentazione, durerà sei mesi e coinvolgerà più di 5.000 persone per scoprire se la somministrazione di vitamina D ridurrà il rischio e/o la gravità di COVID-19 e di altre infezioni respiratorie acute. Le persone prenderanno parte allo studio dalle loro case, senza bisogno di visite faccia a faccia, tutti i test e gli integratori di vitamina D verranno inviati tramite posta. Qualsiasi residente nel Regno Unito di età pari o superiore a 16 anni può partecipare se non sta già assumendo alte dosi di vitamina D.

I partecipanti alla sperimentazione verranno sottoposti ad un esame della vitamina D. Coloro che si trovano ad averne bassi livelli nel sangue riceveranno quindi una fornitura di sei mesi di 800 o 3.200 UI Unità Internazionali di vitamina D al giorno. In dettaglio, i ricercatori del progetto CORONAVIT somministreranno una dose di 800 UI a chi è lievemente carente. Da carente a molto carente la dose varia dalle 900 UI fino alle 3.200 UI. Personalmente prendo 2.000 UI perchè numerosi studi dicono che il funzionamento della vitamina D sul sistema immunitario avviene dalle 1.000 UI in su e che questo dosaggio nel periodo invernale è relativamente sicuro.

Il team di ricerca seguirà quindi l’incidenza dell’infezione respiratoria acuta diagnosticata dal medico o confermata in laboratorio nei partecipanti, incluso COVID-19, per verificare se l’integrazione di vitamina D ha avuto un effetto sul rischio e sulla gravità dell’infezione.

Sono urgentemente necessarie strategie per aumentare l’immunità della popolazione alle infezioni respiratorie in attesa dello sviluppo di un vaccino efficace per il coronavirus. Questa sperimentazione potrebbe provare che la vitamina D è efficace nella lotta al covid-19.

Per andare sul sicuro possiamo anche ricorrere a degli integratori di vitamina D, io ho ne ho comprato uno su Amazon, ma ne trovate di diverse marche. Mi sono confrontato con personale sanitario, e mi è stato raccomandato di assumerne una dose giornaliera di almeno 1.000 UI. Nel prodotto che ho acquistato io una pastiglia corrisponde a 2.000 UI, sto assumendo una pastiglia al giorno.

Spero di esservi stato d’aiuto a superare concretamente questo momento difficile, che speriamo tutti passi al più presto. Quello che vi suggerisco è un metodo, in fase di sperimentazione, per reagire concretamente ad una minaccia invisibile.